Il disagio sociale, la povertà della famiglia, influenza lo stato di salute dei bambini, uno stato di salute precario da bambini si ripercuote sulla salute da adulti. É noto che la povertà produce cicatrici precoci nella condizione di salute e benessere nell’infanzia ma anche nell’età adulta, nello sviluppo cognitivo del bambino che condiziona il successo scolastico e l’inserimento sociale e lavorativo che restano visibili per tutta la vita.
E’ possibile attuare programmi di accoglienza e di affiancamento sociale ai nuclei familiari che modificano un destino di esclusione sociale che sembra già segnato dalla nascita e anche prima. Intervenendo al momento della nascita ( o prima – nei primi mille giorni di vita) i servizi socio-sanitari ed educativi, hanno la possibilità di incontrare tutte le donne in gravidanza e che partoriscono in un determinato territorio ; questo permette un sostegno precoce – Adozione Sociale - a chi ne ha bisogno, prima ancora che se ne renda conto e che poi lo chieda ( e spesso non sa a chi chiederlo, lo chiede in modo inappropriato e spesso intempestivo al servizio sbagliato – per esempio il pronto soccorso ospedaliero-) .
La povertà e l’esclusione sociale nel mezzogiorno d’Italia
La povertà minorile in Italia è in continuo aumento. Nel 2012 i minori in condizioni di povertà assoluta erano 1.058.000 (il 10,3 % della popolazione di riferimento), nel 2013 erano 1.434.000 (il 13,8 %). Sempre nel 2013, erano 10 milioni 48 mila gli individui poveri, il 16,6 % dell’intera popolazione e 3.230.000 (il 12.6 %) era il numero delle famiglie dichiarate povere in base all’indice di povertà relativa.
Rispetto all’anno precedente, i dati mostrano una certa stabilità del fenomeno in tutte le ripartizioni geografiche del Paese, ma con dinamiche differenti a seconda della composizione del nucleo familiare : è d’esempio il caso delle famiglie più ampie, cioè con tre o più figli minori, per le quali, sia al Nord (dal 13,6 % al 21,9 %) che al Sud (dal 40,2 al 51,2 %), cresce maggiormente la povertà relativa.
Anche l’intensità della povertà è aumentata nel 2013 rispetto all’anno precedente raggiungendo il 21,4 % (corrispondente a una spesa media di 764 euro mensili), specie nel Mezzogiorno dove raggiunge un’intensità del 23,5 % (Calabria e Sicilia, regioni in cui un terzo delle famiglie è relativamente povere, presentano la situazione peggiore, rispettivamente con il 32.4 % e il 32.5).
Il disagio economico è più diffuso se all’interno della famiglia è presente un numero crescente di figli minorenni : nel 2013 erano 1.405.000 le famiglie con almeno un minore in condizione di povertà relativa (il 20,8 %), per un totale di 2.400.000 minori poveri (quasi 1 su 4, il 23 %). La crisi economica che stiamo attraversando dal 2008 non ha fatto che accentuare la spirale della povertà e dell’esclusione sociale che coinvolge anche i minori. Tra i 41 paesi più “ricchi”, ad esempio, l’Italia occupa il 33° posto e ha visto aumentare il tasso di povertà minorile di 5,7 punti percentuali dal 2008 (quando era al 24,7 %) al 2012 (quando era al 30,4 %). Nel 2009 le famiglie napoletane sono 374.991, le famiglie con minori sono 117.301 pari al 31,3 %.
In Campania nell’anno 2008 i nati da madri con età inferiore a 20 anni sono 1.840, il 3,2 % del totale contro l’1,2 % del dato italiano, a Napoli, invece, il dato si attesta sul 4,2 %, si ha inoltre una punta del 4,6 % nell’area a Nord di Napoli, del 4,1 % nell’area vesuviana e del 2,3 % nei comuni della provincia di Caserta. Riguardo l’istruzione, in Campania, la percentuale di nati da madri con istruzione inferiore o uguale a 8 anni è 42,5 % e quella di madri con istruzione elementare è 4,9 % contro il dato napoletano pari al 6,5 %. La percentuale di madri occupate in Campania (36,6 %) e a Napoli (33,1 %) risulta decisamente inferiore al dato nazionale pari al 60 %.
Gli interventi precoci : perché, quali e per chi ?
Perché
Il destino segnato, le traiettorie di vita, l’esclusione e la marginalità che si perpetuano di generazione in generazione, le dispari opportunità, sono sotto gli occhi di tutti. Questi destini si incrociano in ambito sanitario e della salute (maggiore rischio di malattia e di morte), in ambito scolastico e formativo (minore accesso alla conoscenza, ridotte performance di apprendimento), in ambito lavorativo (minore qualificazione, lavori usuranti sottopagati), in ambito sociale (marginalità, devianza, povertà).
Gli effetti principali attesi e dimostrati di interventi di supporto alle funzioni genitoriali è dimostrato che siano per i bambini: migliore sviluppo cognitivo emotivo e fisico, riduzione di problemi comportamentali e di apprendimento, riduzione abuso e trascuratezza, migliori esiti psicosociali da adulti, migliore parenting da adulti ; per i genitori : riduzione della prevalenza della depressione e dell’ansia materna (e paterna) migliore autostima, migliore capacità produttiva e sociale, migliore salute riproduttiva per la madre ; per le famiglie : funzionamento e relazioni interne migliori, migliori relazioni sociali, migliore utilizzo servizi sanitari. Altri effetti importanti sono rappresentati da : riduzione delle gravidanze in adolescenti, migliori esiti della gravidanza con minori costi sanitari per neonati di basso peso e patologici, riduzione dei casi di trascuratezza e maltrattamento con minori costi per i servizi sociali, riduzione dei casi di difficoltà scolastica con minori costi per supporti educativi, riduzione dell’evasione e abbandono scolastico con minori costi derivanti dal più rapido iter scolastico e dalla riduzione dei drop-outs sociali, aumento dei tassi di iscrizione alla scuola superiore e università ; riduzione di anni persi con minori costi per istruzione secondaria e aumento del livello educativo (dimostrati effetti sul PIL), aumento di qualifica della forza lavoro ed aumento del PIL e aumento delle entrate per tasse sul reddito, riduzione dell’abuso di sostanze con minori costi per i servizi dedicati e per il servizio sanitario, riduzione degli incidenti con minori costi per cure sanitarie, riduzione della criminalità con minori costi per il sistema giudiziario.
Quali e per chi
I programmi di aiuto e sostegno precoci sono vitali e devono essere sostenuti per un lungo tempo. Maggiori priorità devono anche essere date per assicurare fondi precocemente nel ciclo di sviluppo (per esempio fino a 3 anni) e che di più sia investito per gli interventi che hanno dato prova di efficacia, incrementando la proporzione di investimenti allocati in questa area. Questo investimento dovrebbe essere focalizzato proporzionalmente al gradiente sociale per assicurare un efficace sostegno ai genitori (cominciando in gravidanza e continuando durante la transizione del bambino nella scuola primaria), includendo educazione precoce di qualità e cure sanitarie al bambino.
Le politiche sanitarie, sociali e del lavoro, le politiche urbanistiche, quelle educative, sono intimamente legate allo sviluppo territoriale ed al benessere dei cittadini, la salute come diritto e come bene comune è conseguenza delle politiche complessive territoriali.
Realizzare azioni per ridurre le disuguaglianze nella salute non richiede un’ agenda separata della salute, ma azioni trasversali all’interno dell’intera società.
Per ridurre la gravità del gradiente sociale nella salute le azioni devono essere universali ma con una scala ed un’intensità che è proporzionale al livello di svantaggio (universalismo proporzionale). Il sistema di cure ha anche una notevole importanza in questo ambito di intervento. Il sistema di cure dovrebbe basarsi su quattro fondamenta che comprendono :
-un continuum di servizi che vanno dalle terapie individuali alla difesa in una casa famiglia ;
-il coordinamento dei servizi per cui una famiglia può muoversi da un servizio all’altro senza soluzione di continuità ;
-la personalizzazione dei servizi per cui i servizi sono avvolti intorno al bambino e alla famiglia piuttosto che pretendere che le famiglie si conformino alle esigenze dei servizi ;
-la competenza culturale nei servizi tale che ci siano le conoscenze professionali relative alla comunità ed alla cultura delle famiglie.
Il lavoro individuale dovrebbe includere l’home visiting come parte di un servizio multicomponente. Interventi di maggiore durata con follow-up e sessioni di rinforzo sono raccomandati per problemi di maggiore severità o per i gruppi ad alto rischio.
Il programma Adozione sociale
ll Programma nasce dalla sperimentazione nel quartiere napoletano di Secondigliano nel 1994, su iniziativa dell’Associazione Culturale Pediatri insieme all’Assessorato alla Dignità (così si chiamava, e non a caso, l’Assessorato alle Politiche Sociali) del Comune di Napoli, nell’ambito della più grande cornice programmatica di “Napoli bambini di Europa”.
Era il 1994 quando i pediatri campani dell’Associazione Culturale Pediatri (ACP) svilupparono la consapevolezza dell’importanza delle componenti sociali nel determinare la salute, iniziava il suo lavoro, una sorta di tarlo in positivo, invisibile ma instancabile, nella mente del gruppo che presto mise a punto un percorso, chiamato poi di Adozione Sociale, per intercettare alla nascita le traiettorie di vita dei nati nella città e naturalmente delle loro famiglie.
Il Programma Adozione Sociale rappresenta il primo progetto italiano di sostegno precoce alla famiglia dopo la nascita di un bambino, analoghi programmi sono stati sperimentati successivamente in numerose città italiane fino a diventare, nell’accordo di partenariato tra Italia e Unione Europea per i Fondi di Sviluppo (FSR) 2014-2020, una tipologia specifica di intervento.
Il percorso messo a punto per “modificare le traiettorie “ dei più sfortunati necessitava l’individuazione di una serie di indicatori di rischio ( validati dalla letteratura ), tra questi la scolarità e l’età materna, la disoccupazione e la detenzione, la dipendenza da alcool e droghe, l’affollamento abitativo e le patologie croniche. La presenza alla nascita di questi indicatori consentiva l’inclusione del bimbo e dei suoi genitori in un percorso protetto che prevedeva una continuità assistenziale a garanzia di un sostegno nel momento di maggiore fragilità e cioè al rientro a casa. Fin dall’inizio si pose grande attenzione all’importanza della domiciliarità degli interventi.
Questo progetto, nell’ambito dei progetti finanziati dalla Legge 285 del 1997, viene esteso a tutta la città di Napoli, con un target complessivo di circa 10.000 nati all’anno, avvalendosi anche di un accordo interistituzionale tra il Comune di Napoli, l’Azienda Sanitaria, il Provveditorato agli Studi ed il Centro Giustizia minorile per la Campania e il Molise.
Con la legge di riforma dei servizi sociali – Legge 328 del 2000 – ed i finanziamenti europei per lo sviluppo sociale (FSR), il programma “Adozione Sociale” dal 2009 e fino al 2012, viene attuato, in partenariato obbligato con le Aziende Sanitarie Locali, con altri enti istituzionali, il terzo settore ed il volontariato, per un triennio, a Napoli e in sette ambiti sociali (suddivisione territoriale amministrativa delle politiche sociali regionali) della Regione Campania, con un target di 16.555 nati ed un finanziamento triennale di circa tre milioni di euro.
Il Programma, sulla base delle esperienze maturate negli anni precedenti, si evolve con due fondamentali cambiamenti, il primo, la definizione delle Equipe Territoriali Integrate (ETI), equipe pluridisciplinari sociosanitarie che periodicamente e regolarmente si riunisce con il compito di supporto agli operatori di prossimità e di definizione dei progetti personalizzati e del piano delle azioni per e con i nuclei familiari ; il secondo elemento organizzativo è l’introduzione di operatori di prossimità, i tutor familiari, con formazione prevalentemente educativa, che svolgono la diretta relazione di sostegno con i nuclei familiari anche a domicilio.
I destinatari del Programma, nella più recente formulazione, sono i nuclei familiari di nuova formazione e/o in difficoltà e disagio e più in dettaglio :
°Famiglie di nuova formazione alla nascita del figlio che presentino uno o più indicatori di rischio :
-Età della madre inferiore a 20 anni
-Livello di istruzione della madre inferiore o uguale alla licenza elementare
-Famiglia monoparentale
-Abitazione precaria e/o coabitazione
-Disoccupazione del padre
-Malattie croniche invalidanti nei genitori
-Un genitore detenuto
-Genitore extracomunitario
°Famiglie numerose a rischio sociale
°Famiglie con minori con patologie invalidanti
°Famiglie che accolgono minori in adozione e in affido
°Famiglie in cui il/i genitori presentano un disagio psico-sociale rilevante (depressione post-partum, problemi relazionali intrafamiliari, Genitore dipendente da alcool o droghe….)
Il modello generale di intervento prevede alcune fasi fondamentali (vedi anche fig. 1) :
-L’ Accoglienza socio-sanitaria nel corso di preparazione alla nascita e nel punto nascita e la comunicazione entro 10 giorni dalla nascita, al territorio di residenza della madre - Unità Operativa Materno-Infantile -.
-L’Accoglienza Territoriale, la Valutazione multidimensionale, il Progetto Personalizzato, il Piano delle azioni
Se dai primi dati o lungo il percorso di presa in carico interno alla Unità Operativa Materno Infantile (UOMI) emergono condizioni problematiche, la situazione viene esaminata durante una delle riunioni quindicinali dall’Equipe Territoriale Integrata (ETI), composta da : un Coordinatore sociale, un Coordinatore sanitario, il Coordinatore dei Tutor, un Referente della Unità Operativa Materno-Infantile.
L’ETI, eventualmente integrata da altri operatori competenti, anche della rete tutoriale informale, valutati i bisogni e le problematiche familiari, elabora, condividendolo con la Famiglia che lo sottoscrive, il Progetto personalizzato, che comprende il piano delle azioni necessarie, le modalità, i tempi e gli attori ; individua quindi il Referente del caso, che ha il compito di essere l’interlocutore privilegiato della famiglia e di mantenere le relazioni di rete intorno ad essa. Viene anche definita la necessità e la modalità delle visite domiciliari che sono svolte in generale dai tutor educativo familiare.
Organizzare l’Ordinarietà degli interventi di sostegno precoci
Dal 2013 il Programma viene sospeso in tutta la Regione e non più finanziato, per quanto inserito come priorità nel Piano Sociale Regionale.
L’Associazione Culturale Pediatri (ACP) ritiene però che il Programma possa diventare il modello di intervento per l’ accoglienza ed il sostegno sociosanitario ed educativo ai genitori e bambini nei primi mille giorni, dal concepimento al terzo anno di vita e che possa integrarsi anche con le misure di aiuto finanziario e di inserimento formativo e lavorativo dei genitori, nonché con le modalità di accesso ad abitazioni adeguate. Le azioni socio-sanitarie-educative previste in tale percorso sono universali, ma con una scala ed un’intensità proporzionale al livello di svantaggio (universalismo proporzionale) e sono caratterizzate da offerta attiva e attività integrate anche domiciliari.
Per questo, insieme ad altre organizzazioni che si occupano dell’infanzia, l’ACP intende promuovere una legge che preveda l’obbligatorietà di questo modello di sostegno, indicato anche nell’Accordo di Partenariato per i Fondi Europei 2014-2020 ( Azione 9.1.2 Servizi sociali innovativi di sostegno a nuclei familiari multiproblematici e/o a persone particolarmente svantaggiate o oggetto di discriminazione), come percorso coordinato di accoglienza e di accompagnamento precoce integrato e multidimensionale, in tutto il territorio nazionale, alle madri in gravidanza e fino al terzo anno di vita dei bambini (primi mille giorni). Questo percorso trasversale ai sistemi sanitario, sociale ed educativo, si configura come macro-livello essenziale, da assicurare a tutte le mamme ed a tutti i bambini nei primi mille giorni, avvalendosi di un sistema di monitoraggio centrale e regionale, di tutte le gravidanze e di tutte le nascite.