La residenza anagrafica e i diritti negati

Antonio Mumolo

Traduction de Jean Tonglet

Traduction(s) :
Privés de résidence, privés de droits

Citer cet article

Référence électronique

Antonio Mumolo, « La residenza anagrafica e i diritti negati », Revue Quart Monde [En ligne], 241 | 2017/1, mis en ligne le 01 septembre 2017, consulté le 20 avril 2024. URL : https://www.revue-quartmonde.org/8225

Quando il diritto di soggiorno viene negato,l'esercizio di tutti i diritti viene irrimediabilmente compromesso.

Le persone che vivono in strada in Italia in poco tempo accumulano vari problemi legali. Dalle multe per vagabondaggio che non vengono pagate e che si moltiplicano, ai fogli di via che si trasformano in denunce penali, alle difficoltà legate alla mancanza di documenti : queste sono solo alcune delle problematiche che colpiscono le persone che vivono ai margini, che ne peggiorano pesantemente la situazione e che rappresentano un ostacolo insormontabile nel percorso verso il ritorno ad una vita comune. Quando si parla di senzatetto si usa spesso la parola “invisibili” : il termine, anche se un po’ abusato, è senza dubbio appropriato, soprattutto se si pensa a cosa succede quando si perde la residenza anagrafica, uno dei problemi più comuni per chi vive in strada.

Diventati invisibili

Il requisito della residenza anagrafica infatti si può perdere per diversi motivi : se si rompe un matrimonio e si esce dallo stato di famiglia, se si lascia una casa dove si era in affitto, o ancora se non si risponde ad un censimento. In tutti questi casi se non si comunica all’anagrafe la nuova residenza si viene cancellati dalle liste anagrafiche : si diventa così invisibili per lo stato italiano, come se non si esistesse più, e può diventare molto difficile riacquistare la residenza.

Il diritto alla residenza, ovvero a essere iscritti alle liste anagrafiche tenute dai comuni, è però da un lato un diritto soggettivo perfetto : in capo all’individuo sussiste un potere immediato e diretto volto alla sua realizzazione a cui corrispondono relativi obblighi in capo a determinati soggetti e alla collettività.

La stessa Costituzione Italiana prevede all’art. 16 che “Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche”.

Essere residenti è dall’altro lato la condizione necessaria per l’accesso a una serie di diritti fondamentali (sociali, civili e politici) oggetto della più alta protezione nel nostro ordinamento e riconosciuti come inviolabili dall’art. 2 della Costituzione. Se l’art. 3 della Carta fondamentale sancisce che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociale. E’compito della Repubblica rimuoverne gli ostacoli di ordine economico e sociale”, certamente non si può dire che chi perde la residenza possa godere degli stessi diritti e della medesima dignità sociale di tutti gli altri cittadini.

Coinvolti in un circolo vizioso

In particolare tra i diritti negati con la perdita della residenza vi è il diritto al lavoro di cui all’art. 4 Cost, perché senza residenza non si può aprire una partita IVA o iscriversi al centro per l’impiego. Medesima sorte per il diritto alla salute, protetto dall’art. 32 Cost : senza residenza non si può accedere al Servizio Sanitario Nazionale e pertanto non si ha diritto al medico di base. Anche l’assistenza sociale, seppur garantita dall’art. 38 Cost, è negata a chi non è residente sul territorio comunale.

Senza residenza non si può accedere al patrocinio a spese dello stato ex art. 24 Cost, risultando così irrimediabilmente leso il diritto alla difesa di molte delle persone che paradossalmente ne avrebbero maggior bisogno.

Per finire, chi vive in strada e perde la residenza perde anche il diritto di voto, attivo e passivo. Chi non risulta in nessuna lista anagrafica, infatti, non viene iscritto nelle liste elettorali, non può votare e non può candidarsi a ricoprire cariche pubbliche. Apparentemente questo aspetto può sembrare meno pesante di altri : chi vive in strada ha molti problemi, deve pensare a dove mangiare e dove dormire per sopravvivere, e probabilmente quello del voto è l’ultimo dei suoi problemi. Eppure la negazione del diritto di voto è molto grave e non degna di un paese civile : la Costituzione italiana all’art. 48 prevede che il diritto di voto “non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge”. I senza tetto, anche se non hanno incapacità civili e non hanno subito sentenze penali, vengono quindi ingiustamente esclusi dal voto solo perché sono poveri : non possono esprimere il proprio voto e far valere le proprie idee, e in questa maniera vengono allontanati ancora di più dalla comunità delle persone cosiddette “comuni”.

Registro di stato civile e diritto di soggiorno

Così la residenza, come è evidente anche a chiunque non sia un esperto di diritto, è un requisito talmente importante che la legge italiana stabilisce che deve essere concessa a chiunque vive in un dato territorio.

In ogni Comune deve essere tenuta l’anagrafe della popolazione residente. Nelle liste anagrafiche della popolazione residente sono registrate le posizioni relative alle singole persone, alle famiglie ed alle convivenze, che hanno fissato nel Comune la residenza, nonché le posizioni relative alle persone senza fissa dimora che hanno stabilito nel Comune il proprio domicilio, in conformità del regolamento per l’esecuzione della presente legge. Questo è ciò che prevede l’art.1 della Legge 24.12.1954 n. 1228.

La persona che non ha fissa dimora si considera residente nel Comune ove ha il domicilio, e in mancanza di questo, nel Comune di nascita. (Art. 1 DPR 30.05.1989 n. 223). Ai fini anagrafici è senza fissa dimora chi non dimori abitualmente e prevalentemente in nessun comune, per qualsiasi ragione tenuto a spostarsi in maniera continua sul territorio nazionale. È invece senza tetto o senza dimora, chi, essendo privo di una propria abitazione, si sposta con frequenza all’interno del territorio di un determinato comune. Poiché in tali situazioni la persona dimora abitualmente e prevalentemente nello stesso comune, la stessa dovrà essere iscritta nell’anagrafe della popolazione residente. Non disporre di un’abitazione, ai fini anagrafici, è dunque irrilevante.

Secondo quanto disposto dalla circolare ISTAT n. 29 del 1992 “Ai fini anagrafici non deve essere considerato senza fissa dimora colui che per ragioni professionali o per mancanza di alloggio stabile si sposti frequentemente nell’ambito del Comune : in una simile circostanza l’unico problema è quello di stabilire un indirizzo da riportare negli atti anagrafici, problema che può essere facilmente risolto interpellando lo stesso interessato”.

Per cui : l’iscrizione anagrafica delle persone senza dimora deve perfezionarsi nel comune ove la persona ha il proprio domicilio, ossia ex art. 43 Codice Civile, dove stabilisce la sede dei suoi affari e interessi. In mancanza di questo, come requisito residuale ed extrema ratio, la circolare ISTAT 29/1992 ammette l’iscrizione nel comune di nascita.

La stessa già citata circolare introduce poi una importante novità : Se la persona senza dimora non ha un recapito o un vero e proprio domicilio (sede principale dei propri affari) nel Comune, ma elegge domicilio al solo fine di chiedere ed ottenere l’iscrizione anagrafica, come suo diritto, l’anagrafe istituisce una via fittizia (territorialmente non esistente ma equivalente in valore giuridico) Moltissimi comuni italiani si sono già dotati di questo espediente per dare la residenza alle persone senza dimora (e senza domicilio) che dimorino sul proprio territorio comunale. Tra questi vi è Firenze con Via Libero Lastrucci, Bologna con Via Mariano Tuccella e Roma con Via Modesta Valenti. Le ultime due in particolare sono intitolate a due persone senza dimora uccise dalla vita in strada e dalla violenza o dall’indifferenza dei passanti1.

E’ qui importante precisare – e lo stesso ha fatto il Ministero dell’Interno con due circolari del 1995 n.8 e 1997 n.2 – che non si può subordinare la residenza alla titolarità di un rapporto di lavoro sul territorio comunale né alla disponibilità di un’abitazione e, tantomeno, all’adeguatezza della stessa.

Scopo della legislazione anagrafica è, nell’interesse della persona senza dimora, promuovere il legame col territorio ; nell’interesse dello Stato, la registrazione di tutta la popolazione stabilmente presente sul territorio.

Il pacchetto Sicurezza e il decreto Semplifica Italia: cosa cambia?

Nel 2009 viene poi introdotta in Italia la L. 94/2009, nella quale si prevede che « La persona che non ha fissa dimora si considera residente nel comune dove ha stabilito il proprio domicilio. La persona stessa, al momento della richiesta di iscrizione, è tenuta a fornire all’ufficio di anagrafe gli elementi necessari allo svolgimento degli accertamenti atti a stabilire l’effettiva sussistenza del domicilio. In mancanza del domicilio, si considera residente nel comune di nascita ».

I principi e l’impostazione della legge anagrafica restano identici, ma cambia la modalità di iscrizione : non è più sufficiente la mera dichiarazione anagrafica, le persone senza fissa dimora dovranno indicare gli elementi necessari ad accertare l’effettiva sussistenza del domicilio. Non ci sono tuttavia indicazioni univoche su quali siano questi elementi, pertanto le prassi delle amministrazioni locali divergono.

Le persone senza dimora assistite da enti assistenziali (pubblici o privati, enti religiosi o associazioni laiche) possono eleggere domicilio indicando la sede della struttura assistenziale di riferimento.

Le persone senza dimora e senza assistenza, non in grado di individuare gli elementi per l’effettiva sussistenza del domicilio, saranno iscritte presso il comune di nascita (che da extrema ratio rischia di diventare prassi consolidata) ; in caso di persona nata all’estero, l’iscrizione avviene nel comune di nascita del padre o della madre.

In tutte le altre situazioni, come da decreto ministeriale del 6 luglio 2010, si procede all’iscrizione nell’apposito registro delle persone senza dimora istituito presso il Ministero dell’interno.

Ma il lungo e tormentato percorso dell’iscrizione anagrafica dei cittadini senza dimora non è ancora finito : il 9 maggio 2012 è entrato in vigore il Decreto legge 5/2012, recante “Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo”, c.d. “Semplifica Italia”, convertito con modificazioni con la l. 35/2012. Sono seguiti il decreto attuativo, D.P.R. 154/2012, e una circolare del Ministero dell’Interno, la 9/2012, contenenti le istruzioni operative sulle modifiche introdotte dalla legge.

Da quel momento le iscrizioni e variazioni anagrafiche vanno registrate entro i 2 giorni successivi alla presentazione e gli effetti giuridici di tali dichiarazioni decorrono già a partire dalla data della dichiarazione. Infine i controlli sulla sussistenza dei requisiti a cui è subordinata la registrazione delle dichiarazioni anagrafiche vanno effettuati nei successivi 45 giorni. Inoltre il Sindaco può delegare le funzioni di ufficiale di anagrafe a personale di ruolo dipendente del Comune e non è più necessario recarsi fisicamente allo sportello dell’anagrafe, ma le dichiarazioni anagrafiche possono essere rese dal cittadino anche a mezzo fax, posta raccomandata o posta elettronica (con firma digitale o posta elettronica certificata ; in caso di posta elettronica semplice occorre allegare copia di un documento di identità del dichiarante).

Queste modifiche, seppur possano apparire di poco conto, permettono anche alle persone senza dimora che iscrivono la propria residenza in un dato comune, di ottenerla molto più in fretta in modo da poter tornare sin da subito a godere di tutti quei servizi e diritti che la stessa Costituzione accorda a tutti i cittadini italiani.

1 La città di Piacenza ha creato una Via 17 ottobre ! (Nota del traduttore)

1 La città di Piacenza ha creato una Via 17 ottobre ! (Nota del traduttore)

Antonio Mumolo

Avvocato, Presidente dell’Associazione nazionale Avvocato di strada, che tutela gratuitamente le persone senza dimora

CC BY-NC-ND